La verità dietro i roghi degli incendi in Australia

C’è un’immagine che ha segnato e continua a segnare i ricordi di questo inverno. È l’immagine di una terra che va a fuoco, di koala terrorizzati, di canguri in fuga, foreste rase al suolo, eroi in uniforme.

Questo è il desolante bilancio attuale secondo il Sole 24 Ore: “Il sei gennaio tra i 12 e i 14 milioni di acri di terra australiana sono stati colpiti dagli incendi. Almeno 26 persone hanno perso la vita e quasi un milione di animali sono rimaste vittime delle fiamme”.

A peggiorare ulteriormente la situazione è la quantità di notizie false che spopolano sul web ogni qualvolta nel mondo si presentano eventi di così ampia portata. Perché è importante la verità? Perché è il vero punto di partenza per far sì che le cose cambino. Bisogna conoscere i fatti per porvi rimedio ed evitare che si verifichino nuovamente. Quali sono le vere cause degli incendi in Australia e le conseguenze di questa immane catastrofe? Qual è la sua portata effettiva? Cosa possiamo fare?

Le cause degli incendi in Australia

Cosa provoca questi incendi? Come riportato in un articolo recente apparso sul The Guardian, è stata messa in atto una vera e propria campagna di disinformazione online, in cui “bots e trolls” incolpavano dei roghi presunti piromani, volontari o involontari, solo per nascondere il forte legame con il cambiamento climatico ed evitare così di scatenare accuse di tipo “politico”.

La verità, spiega Giorgio Vacchiano, ricercatore di selvicoltura e pianificazione forestale presso l’Università degli Studi di Milano, è che: “in Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose. Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane”.

Quanto influisce il riscaldamento globale?

È soprattutto nella propagazione di questi incendi e nella difficoltà a domarli che si può parlare di effetto indiretto del riscaldamento globale. Citando di nuovo il Sole 24 Ore: “secondo le rilevazioni dell’agenzia nazionale Bureau of Meteorology, l’Australia ha registrato un anno record sotto il profilo delle temperature, con una variazione di 1,5°C sopra la media calcolata nell’intervallo di tempo tra il 1961 e il 1990”.

Il 2019 è stato l’anno più caldo e più secco registrato in Australia dal 1900, con picchi fino ai 49°C, ciò ha provocato una perdita di umidità nella vegetazione, rendendole così più soggetta a combustione. Un altro evento decisivo è stato “un dipolo positivo dell’Oceano Indiano (Iod), un evento in cui le temperature della superficie del mare sono più alte nella metà occidentale dell’oceano, e più basse a est. Vuole dire aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane”. Un ruolo fondamentale nella diffusione delle fiamme lo hanno anche i venti: sempre nel 2019, favorito dal cambiamento climatico e dal buco nell’ozono, si è verificato uno spostamento dei venti anti-alisei verso nord che ha portato sull’Australia aria secca e calda.

Le accuse alla politica australiana sono fondate?

Il popolo australiano – e non solo – non ha molto apprezzato il discorso di fine anno del suo Primo Ministro, Scott Morrison, il quale ha mostrato una certa superficialità nell’affermare che questa catastrofe sia solamente ordinaria amministrazione e che: “nonostante i terribili incendi, la siccità che continua e le inondazioni l’Australia rimane il miglior Paese dove far crescere i bambini”.

La realtà è che incendi di tale portata provocano, oltre al pericolo diretto delle fiamme, un’intossicazione dell’aria che risulta così estremamente dannosa, soprattutto per i bambini. Sotto la tempesta di accuse, solo recentemente Morrison ha ammesso di non aver gestito il problema nel migliore dei modi. A questo, bisogna aggiungere che l’economia dell’Australia si fonda soprattutto sull’esportazione del carbone, un combustibile fossile, la cui continua estrazione provoca di per sé un aumento della temperatura. Dall’altra parte, scagliarsi contro il governo è una scorciatoia. La quantità di CO2 presente nell’atmosfera non può essere imputata all’economia australiana, ma è una conseguenza di ogni singola attività a livello mondiale

Come possiamo agire?

Ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia del nostro pianeta e a prevenzione di questo tipo di catastrofi come ci ricorda il ricercatore Giorgio Vacchiano nel suo articolo per Il Post: “Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l’impronta del climate change e delle nostre produzioni e dei nostri consumi in quello che sta succedendo”.

È anche possibile donare un contributo per salvare flora e fauna australiana attraverso alcuni siti di raccolta fondi:

Sentitevi liberi di segnalare altre raccolte fondi a favore dell’Australia.

Dobbiamo insistere affinché il problema ambientale ricopra l’importanza che merita anche ai più alti livelli decisionale. Al contempo è necessario agire da cittadini del mondo, come una collettività, perché la politica e le istituzioni che ci rappresentano investano tutte le risorse necessarie per la tutela del pianeta, ovvero la casa che ci accoglie e senza la quale non potremmo esistere.

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